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  • Rottamazione, un pieno di vantaggi per i decaduti riabilitati

    Stop a cartelle e pignoramenti e sblocco dei pagamenti se si fa domanda entro il 30 aprile Prima si presenta la domanda di riammissione alla rottamazione, prima scattano i vantaggi legati alla riabilitazione fiscale dei decaduti. È lo scenario che emerge con la riapertura dei termini della rottamazione-quater, prevista dall’art. 3-bis del dl 202/2024, convertito in legge 15/2025. Una semplice istanza Con una semplice istanza telematica presentata entro il 30 aprile 2025, il contribuente può sospendere le cartelle oggetto della riammissione, tornare a incassare somme da clienti e p.a., anche se ha carichi esattoriali in essere, ottenere la regolarità contributiva e fiscale (Durc e certificato AE) per partecipare a gare e ricevere pagamenti. E tutto senza dover versare neppure un euro, almeno fino al 31 luglio 2025, termine per pagare la prima o unica rata. Sospensione automatica La presentazione della domanda attiva automaticamente la sospensione dei pignoramenti (ex art. 72-bis, dpr 602/1973) e dei blocchi ai pagamenti da parte di soggetti pubblici o privati (ex art. 48-bis, dpr 602/1973). In altre parole, il debitore torna incassare somme bloccate e ottiene liquidità, anche se nel frattempo resta inadempiente. Al contrario, chi, pur avendo diritto, ritarda la presentazione della domanda e nelle more riceve la notifica di un pignoramento presso terzi rischia di subire nuove azioni cautelari, non poter accedere a crediti e forniture, vedere i propri pagamenti bloccati fino al 31 luglio 2025. Procedura cautelare Questo perché l’avvio di una procedura cautelare, entro la finestra della presentazione della domanda di riammissione alla rottamazione, provoca un effetto di blocco dei benefici. In questo caso con l’iter dei pignoramenti avviati solo dopo il pagamento della prima rata, le procedure si potranno estinguere. In forza dell’art. 1, comma 240, lett. e), della legge 197/2022, fino ad allora i pagamenti possono restare congelati, a danno del contribuente "lento". Va detto che l’adesione non è vincolante. Il contribuente che ha sospeso le procedure e incassato quanto dovuto può ritirare la domanda entro il 30 aprile oppure non pagare nulla, facendo decadere l’adesione. Ma nel frattempo, egli ha beneficiato della sospensione, ottenuto liquidità e ripreso l’attività. Ma non solo. Regolarità contributiva e fiscale Entrando nel campo della regolarità contributiva e fiscale si crea una situazione ancora più singolare. Secondo le norme vigenti, come il dm 30 gennaio 2015, basta la presentazione della domanda per ottenere un Durc regolare, per partecipare agli appalti, e l’attestazione positiva della regolarità fiscale, per ricevere agevolazioni o accedere a fondi pubblici. Ma l’azienda potrebbe scegliere di non pagare le rate per cui ha chiesto la riammissione e prima che l’amministrazione si accorga del mancato pagamento successivo e riblocchi nuovamente il tutto potrebbero passare anche più di 100 giorni.

  • Fisco, dal primo gennaio più respiro ai debitori in difficoltà

    Le modifiche ai piani di dilazione nel decreto di riforma della riscossione Riscossione, chi aspetta ci guadagna: per le istanze di dilazione presentate dal primo gennaio 2025 con la mera dichiarazione di difficoltà economico-finanziaria rilasciata dal contribuente si allungano i piani da 72 ad 84 rate. Avranno “più aria” anche i debitori che invece documentano la temporanea situazione di difficoltà economica con dilazioni fino a 120 rate mensili in caso di somme a ruolo di importo superiore a 120 mila euro e da 85 ad un massimo di 120 rate invece per quelle entro i 120 mila euro. Questo è l’effetto delle modifiche apportate al meccanismo di richiesta dei piani di dilazione delle somme iscritte a ruolo dal decreto legislativo di riforma del sistema di riscossione nello specifico dall’articolo 13 del dlgs 110/2024. In stand-by fino al 31 dicembre 2024 Le nuove strutture dei piani di dilazione si applicheranno a partire dalle istanze presentate al riscossore dal primo gennaio 2025. Come specificato infatti al comma 3 del citato articolo 13, alle richieste di rateazione presentate fino al 31 dicembre 2024 continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, nella versione vigente alla data di entrata in vigore del decreto in commento. Attualmente quindi i contribuenti con in mano cartelle di pagamento scadute e l’intenzione di dilazionare, hanno convenienza nell’attendere l’arrivo del 2025 per inviare l’istanza al riscossore al fine di ottenere il piano “ordinario” più lungo fino a 84 rate mensili invece delle 72 attualmente concesse. Ovviamente la citata operazione è fattibile a patto che il debitore abbia la ragionevole certezza di non incorrere a breve in procedure esecutive da parte dell’agenzia delle entrate riscossione. Disciplina delle dilazioni In linea generale occorre ricordare che il citato art. 13, mette mano all’art. 19 del dpr. 602/1973 che disciplina le dilazioni dei pagamenti delle somme iscritte a ruolo, prevedendo che l’agente della riscossione possa concedere dilazioni ordinarie più lunghe rispetto a quelle attuali. Nello specifico viene stabilito che in caso di somme iscritte a ruolo entro i 120 mila euro sarà possibile ottenere piani di dilazione con un massimo di 84 rate mensili per le richieste presentate negli anni 2025 e 2026, di 96 rate per le richieste presentate negli anni 2027 e 2028 ed di 108 per le richieste presentate a decorrere dall’1 gennaio 2029. Se invece il contribuente debitore documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, comprese in ciascuna richiesta di dilazione, può essere concessa da subito e fino a 120 rate per debiti superiori a 120 mila euro mentre, per un importi inferiori, con piano da 85 a 120 rate per le richieste presentate negli anni 2025 e 2026, da 97 a 120 rate per quelle presentate negli anni 2027 e 2028 e da 109 a 120 rate per le istanza di dilazione trasmesse a decorrere dal 1 gennaio 2029. Attestazione di difficoltà Ai sensi del neo comma 1.2 del citato articolo 19 per attestare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà, per le persone fisiche e ditte individuali si dovrà prendere come riferimento l’indicatore della situazione economica equivalente del nucleo familiare e l’entità del debito da dilazionare tenendo conto anche di altre rateizzazioni in essere. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche invece si dovrà guardare all’indice di liquidità e al rapporto tra debito da rateizzare e quello residuo eventualmente già in rateazione e il valore della produzione. Un dm Economia stabilirà le modalità di applicazione e documentazione dei parametri indicati.

  • Cartelle fiscali: come cambia la riscossione.

    Riforma del sistema di riscossione, le modifiche apportate al meccanismo di richiesta dei piani di dilazione delle somme iscritte a ruolo Dal 1° gennaio 2025 le cartelle fiscali si potranno pagare in 84 rate mensili, rispetto alle attuali 72 rate. Scende in campo anche una commissione tecnica ad hoc per analizzare il magazzino monster della riscossione che ammonta a più di 1.240 miliardi. Lo annuncia il viceministro dell'Economia e delle Finanze, Maurizio Leo, dopo la pubblicazione del decreto ministeriale che disciplina le rateazioni con l'agente della riscossione, previste dall'articolo 13 del Decreto Legislativo n. 110/2024. Un nuovo sistema di riscossione "Si tratta del primo passo - prosegue - di un percorso che punta ad arrivare, gradualmente, nei prossimi anni, fino a 120 rate, permettendo a cittadini e imprese di gestire al meglio le pendenze pregresse con il fisco". Leo sottolinea che "siamo di fronte a un cambiamento radicale di visione rispetto al passato. Il nostro obiettivo è rendere il sistema fiscale più vicino ai contribuenti. È lo Stato che tende la mano a quei cittadini che, nonostante le difficoltà, vogliono tornare ad essere in regola. Un aspetto, questo, del quale dobbiamo tenere conto". Leo ricorda che "per garantire una riforma efficace, abbiamo istituito una Commissione tecnica, guidata dal Presidente Roberto Benedetti, incaricata di analizzare il magazzino della riscossione. È un organo che avrà il compito di proporre soluzioni legislative che evitino l'accumulo di crediti fiscali non riscossi. Queste novità segnano un passaggio fondamentale verso un sistema fiscale e tributario più equo, efficiente e moderno. È un altro passo verso la costruzione di un fisco amico, non più ostacolo, ma sostenitore e parte attiva del processo di sviluppo della Nazione". Riscossione in 84 rate Per effetto delle modifiche apportate al meccanismo di richiesta dei piani di dilazione delle somme iscritte a ruolo dal dl di riforma del sistema di riscossione, nel nuovo anno la novità fiscale prevede che per le istanze di dilazione presentate dal primo gennaio 2025 con la sola dichiarazione del contribuente di essere in difficoltà economico-finanziaria si allungano i piani da 72 ad 84 rate. Avranno “più aria” anche i debitori che invece documentano la temporanea situazione di difficoltà economica con dilazioni fino a 120 rate mensili in caso di somme a ruolo di importo superiore a 120 mila euro e da 85 ad un massimo di 120 rate invece per quelle entro i 120 mila euro. Come funziona l’attestazione di difficoltà Per attestare la situazione di difficoltà economica che procedure si distinguono per le persone fisiche e per i soggetti diversi dalle persone fisiche. Per le persone fisiche e ditte individuali si dovrà prendere come riferimento l’ indicatore della situazione economica equivalente del nucleo familiare e l’entità del debito da dilazionare tenendo conto anche di altre rateizzazioni in essere. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche invece si dovrà guardare all’ indice di liquidità e al rapporto tra debito da rateizzare e quello residuo eventualmente già in rateazione e il valore della produzione. Un dm Economia stabilirà le modalità di applicazione e documentazione dei parametri indicati. Le altre novità per i contribuenti  Il decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 7 agosto 2024 introduce anche altre importanti novità nella riscossione, in vigore a partire dal 1° gennaio 2025. Notifica e pianificazione di riscossione Si prevede una pianificazione annuale dell’attività di riscossione, seguendo logiche di raggruppamento dei crediti per codice fiscale. Per quanto riguarda la notifica della cartella di pagamento questa deve avvenire entro nove mesi dell’affidamento del carico. L’agente della riscossione deve poi gestire le attività di recupero secondo quanto pianificato e trasmettere informazioni all’ente creditore riguardo allo stato delle procedure di riscossione. Discarico automatico Con il nuovo decreto scatta il discarico automatico per le quote non riscosse entro cinque anni dall’affidamento. In situazioni particolari, come la chiusura di fallimenti o l'assenza di beni aggredibili, sarà possibile anche un discarico anticipato. Inoltre, questo sistema può essere applicato anche in presenza di procedure esecutive o in caso di dilazioni per difficoltà economica del debitore. Riaffidamento del carico Gli enti creditori di gestire direttamente la riscossione coattiva e di riaffidare il carico all’Agenzia delle entrate-Riscossione in caso di nuovi elementi patrimoniali o reddituali del debitore. Accertamento esecutivo ampio Si estende la disciplina dell’accertamento esecutivo a diverse categorie di atti impositivi emessi dall’Agenzia delle entrate, come ad esempio a: atti di recupero dei crediti non spettanti o inesistenti utilizzati, in tutto o in parte, in compensazione; avvisi e atti inerenti al recupero di tasse, imposte e importi non versati, comprese agevolazioni fiscali indebitamente percepiti o fruiti; atti di irrogazione delle sanzioni. Compensazione più semplice Il decreto prevede anche disposizioni per semplificare la procedura di compensazione per i rimborsi fiscali, consentendo compensazioni solo per importi superiori a 500 euro e mantenendo i rimborsi disponibili fino al 31 dicembre dell'anno successivo in caso di inadempimenti.

  • Cartelle, resta la tagliola decadenza per le rate

    Cosa possono fare i contribuenti che non ce la fanno a rispettare la suddivisione dei pagamenti concordati con l’Agenzia. Dal 2025 ci sono nuove strade Rate delle cartelle, resta la tagliola della decadenza: se non paghi sei fuori. Mentre il nuovo meccanismo di rateazione sebbene sia entrato in vigore dal primo gennaio 2025 si applica a tutte le dilazioni richiesta a partire da quella data, compresi i ruoli 2024. Tornando alla tagliola sulle cartelle, attualmente non c’è possibilità di intervenire con ripescaggi e dilazioni più soft, la percorribilità dell’intervento deve tenere conto dei saldi finanziari. E’ questo in sintesi il punto del ministero dell’economia nelle parole di Federico Freni, sottosegretario del Mef, rispondendo a una interrogazione presentata in commissione finanze della camera da Vito De Palma (FI) e Giorgio Lovecchio (FI). Regime più soft per le rate. Il mef risponde non si può Nell’interrogazione si chiedeva se il regime più rigido dei piani di rateazione attualmente in vigore potesse in qualche modo essere alleggerito con l’introduzione di una sorta di ravvedimento (fino al 2022 era previsto ai contribuenti decaduti dai piani di rateizzazione per alcune rate di saldare gli arretrati e riprendere i pagamenti). Attualmente si prevede che con il mancato pagamento di una singola rata, dopo 8 rate insolute, scatta la decadenza automatica dal piano di rateizzazione, con la ripresa immediata delle azioni cautelari . Nella risposta si ripercorre la riforma delle rate attuata con la delega fiscale (dlgs 110/2024) sottolineando come la tempistica per richieste di rateazione formulate dal 1° gennaio 2025 per importi non superiori a 120 mila euro e che rientrano nell'ipotesi della richiesta "automatica" - prescinde dal momento di affidamento delle somme all'agente della riscossione con la conseguenza che potrebbe concernere anche posizioni affidate, ad esempio, nel corso del 2024. E dunque conclude Freni, «con riferimento all'intervento normativo auspicato dagli Interroganti, non può che rappresentarsi che la percorribilità dello stesso deve necessariamente tener conto dei conseguenti risvolti in termini di saldi finanziari». Società di comodo, disco rosso alla detraibilità dell’Iva Nella attesa della riforma delle società non operative solo parzialmente avviata con la riforma fiscale e il dlgs 192/2024 non è in arrivo nessun ricalcolo del recupero utilizzo dei crediti Iva per le società di comodo. Dopo la decisione della corte di giustizia Ue del 7 marzo 2024 (C-341-22) che sul tema ha censurato il modo in cui la norma italiana contrasta frodi, evasioni e l’abuso di diritto a detrazione impedendone il meccanismo, l’Agenzia delle entrate tramite la risposta del sottosegretario Freni fa presente che: «al momento, non è possibile fornire alcuna soluzione operativa in merito alle modalità di recupero/utilizzo dei crediti IVA in quanto l'individuazione di tali modalità non può non tener conto della necessità di definire la portata degli effetti della citata sentenza, in stretto raccordo con l'esigenza di non riaprire rapporti esauriti ed evitare effetti sul gettito». Il quesito in commissione finanze è stato posto da Domenico Matera (FdI) in merito agli effetti della sentenza che ha dichiarato incompatibile con il diritto Ue la disciplina di individuazione delle società di comodo (non operative) chiedendo come si intendesse procedere sul recupero dei crediti Iva dopo quanto deciso dalla corte. Freni ha poi fornito stime per la raccolta giochi del 2025. «Sulla base dei dati di gioco risultanti al primo trimestre dell'anno corrente, è stato rilevato un lieve incremento della raccolta, pari a circa il 2%, rispetto ad analogo periodo dell 'anno precedente», ha indicato Freni, «Al riguardo, si evidenzia che tale incremento è determinato sulla base del significativo incremento realizzato per il gioco online, pari a circa il 10%. Contrariamente, il gioco raccolto su rete fisica ha registrato, in tale primo trimestre, un generale decremento rispetto al primo trimestre dell'anno 2024.» Giochi, in crescita la raccolta Freni ha poi fornito stime per la raccolta giochi del 2025. «Sulla base dei dati di gioco risultanti al primo trimestre dell'anno corrente, è stato rilevato un lieve incremento della raccolta, pari a circa il 2%, rispetto ad analogo periodo dell 'anno precedente», ha indicato Freni, «Al riguardo, si evidenzia che tale incremento è determinato sulla base del significativo incremento realizzato per il gioco online, pari a circa il 10%. Contrariamente, il gioco raccolto su rete fisica ha registrato, in tale primo trimestre, un generale decremento rispetto al primo trimestre dell'anno 2024.»

  • Cartelle esattoriali addio

    Annulli tutto e non paghi niente. Le cartelle esattoriali rappresentano una fonte di ansia per molti contribuenti italiani, spesso associate a debiti che sembrano insormontabili, derivanti da tasse, multe o altre imposizioni. Tuttavia, esiste una normativa poco conosciuta che offre la possibilità di annullare le cartelle esattoriali senza dover ricorrere a procedure di prescrizione o rottamazione. In questo articolo, esploreremo come funziona questo sistema e quali opportunità offre ai cittadini. La legge 228 del 2012 e il principio del silenzio-assenso La legge 228 del 24 dicembre 2012 introduce un meccanismo che sfrutta il principio del silenzio-assenso da parte della pubblica amministrazione. Questo sistema consente ai contribuenti di vedere annullati i debiti anche quando le loro contestazioni sono convincenti rispetto alla legittimità della cartella. Nonostante questa normativa esista da oltre dieci anni, molti cittadini ignorano le sue potenzialità. Essa è stata concepita in un periodo in cui le cosiddette “cartelle pazze” erano frequenti, per offrire una tutela immediata contro richieste di pagamento ingiustificate. Come presentare un’istanza di sospensione Se un contribuente riceve una cartella esattoriale ritenuta illegittima, ha il diritto di presentare un’istanza all’agente della riscossione per richiederne la sospensione. È importante sottolineare che il cittadino può richiedere la sospensione basandosi sulla sua percezione di illegittimità, senza dover dimostrare in modo definitivo l’inequità del debito. Questo significa che anche se le motivazioni del contribuente risultano infondate, la legge tutela comunque il suo diritto di difesa. Una volta presentata l’istanza, l’agente di riscossione ha l’obbligo di inoltrarla all’ente creditore entro dieci giorni. Da quel momento, l’ente ha 220 giorni per fornire una risposta. Se non risponde, la legge prevede l’annullamento automatico della cartella esattoriale. Questo aspetto è cruciale: non è necessario dimostrare che la cartella fosse illegittima, ma solo che l’ente non ha rispettato i termini di risposta, liberando il contribuente da qualsiasi obbligo di pagamento.  Vantaggi e limitazioni della normativa Un ulteriore vantaggio riguarda la specificità della norma. Se un cittadino presenta un’istanza corredata da documentazione e l’ente creditore non risponde entro il termine stabilito, il debito viene automaticamente eliminato dalle scritture patrimoniali dell’ente stesso. Tuttavia, è importante considerare che la norma non si applica in presenza di sospensioni giudiziali o amministrative, né in caso di sentenze non definitive. L’istanza deve essere presentata entro 60 giorni dalla notifica della cartella per essere valida. Agendo tempestivamente, il cittadino ha buone possibilità di vedere annullato il proprio debito. Grazie a questo sistema, è possibile difendersi efficacemente da cartelle esattoriali ritenute ingiuste, rappresentando un significativo passo avanti nella tutela dei diritti dei contribuenti e nella gestione delle relazioni tra cittadini e pubblica amministrazione.

  • Agevolazioni per l'energia

    Installazione impianto solare Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con provvedimento direttoriale, ha definito i termini di apertura dello sportello agevolativo e le modalità di presentazione delle domande per il sostegno ai programmi di investimento delle piccole e medie imprese finalizzati all’ autoproduzione di energia elettrica  ricavata da impianti solari fotovoltaici o mini eolici  per l’autoconsumo immediato e, eventualmente, per sistemi di accumulo/stoccaggio dell’energia dietro il contatore per autoconsumo differito.

  • Bando Start up 2025

    Start up Rientra nelle linee operative della Camera di Commercio di Bari che ha inteso perseguire l’obiettivo strategico di sostegno dello sviluppo economico e occupazionale del territorio di propria competenza, adottando le misure finalizzate a sostenere le nascenti start up e le imprese già iscritte alla Camera di Commercio di Bari in fase di start up.

  • Voucher internazionalizzazione

    Dalla Camera di Commercio di Bari per l’internazionalizzazione delle imprese Il bando intende favorire la crescita della competitività delle imprese attraverso un sostegno finalizzato all’acquisizione di servizi per internazionalizzarsi, anche attraverso un più diffuso utilizzo di strumenti innovativi.

  • Banche, collezioni d’arte per fare marketing

    Musei, collezioni, mostre: gli istituti di credito investono in opere, per lo più contemporanee. Servono per diversificare ma hanno anche ricadute di immagine e benefici sociali Tra gli esempi più recenti, c'è la BFF Gallery di Milano, il museo all'interno di Casa BFF, la nuova sede centrale della banca attiva nel factoring pro-soluto di crediti commerciali verso la p.a. E se la prima associazione tra istituti di credito e musei che balza alla mente è quella tra Intesa Sanpaolo e le sue Gallerie d'Italia (a Milano, Torino, Vicenza, Napoli), anche una banca come Generali continua ad arricchire la propria corporate collection aprendone, in alcune occasioni, anche le porte al pubblico. Che si tratti di mecenatismo, di operazione di immagine o di diversificazione dei propri asset, tra le banche italiane l'interesse per l'arte è sempre molto vivo. Il doppio valore dell'arte nel settore bancario «L'arte ha due facce», ha spiegato Brunella Bruno, Dipartimento di Finanza Università Bocconi. «È un bene fisico, ma è anche quello che gli economisti definiscono capital good: un bene che ha un prezzo che può cambiare nel tempo. Un bene fisico ma anche un bene speciale, a cui sono associate componenti culturali e sociali che vanno al di là del valore puramente finanziario e che fanno riferimento a potenziali benefici che l'arte dà in quanto attività in grado di veicolare messaggi positivi alla propria clientela o comunità di riferimento, con ricadute di immagine, di marketing, di reputazione». Ma l'arte rappresenta un buon investimento? «Quello dell'arte è un mercato con up and down», ha sottolineato Bruno. «In questo mercato, investimento significa che mi aspetto di comprare un'opera il cui valore si apprezza nel tempo e spero di rivenderla a un rendimento positivo». Tenendo anche conto dei «rischi specifici del settore, legati all'autenticità, a questioni legali di attribuzione o di ownership e alla conservazione dell'opera. Rischi che vanno considerati in modo adeguato», ha continuato Bruno, aggiungendo che «quello dell'arte contemporanea è il mercato che sta crescendo di più. È in atto un ricambio generazionale. Il 30% dei nuovi collezionisti o buyer sono Millennial e GenZ. E questo implica un cambiamento di gusti». L'arte contemporanea asset strategico Dunque, come conferma anche Maria Ameli, head of wealth advisory di Banca Generali, l'istituto che da sette anni è main partner della Milano Art Week, «l'arte contemporanea si sta consolidando come una categoria solida per gli investitori, non solo per il suo valore culturale e storico, ma anche per le potenzialità di apprezzamento del valore nel tempo». E «in un mercato sempre più polarizzato, è fondamentale il ruolo delle istituzioni d'arte o, come in questo caso, delle banche illuminate, che abbiano la visione di sostenere nuove generazioni di artisti, favorendo una diversità di linguaggi e approcci che arricchisce il sistema dell'arte nel suo complesso», ha spiegato Vincenzo De Bellis, direttore fiere e piattaforme espositive di Art Basel e curatore di BG Art Talent, il progetto di Banca Generali «che rappresenta un punto di riferimento per il sostegno agli artisti italiani delle più recenti generazioni, promuovendo nuove voci nel panorama contemporaneo e contribuendo alla crescita del collezionismo di ricerca. Nato con l'obiettivo di valorizzare il talento e di costruire un ponte tra giovani artisti e istituzioni, il progetto ha acquisito nel tempo un'importanza strategica, arricchendo le collezioni di Banca Generali con opere di artisti in momenti chiave della loro carriera». Le collezioni di BG Art Gallery e BFF Banking Group La collezione di BG Art Gallery riunisce al momento 14 opere (tra cui due nuovi lavori di Giangiacomo Rossetti e Giuseppe Gabellone) «rappresentanti il meglio dell'arte contemporanea italiana», spiega la private bank. «Non abbiamo la storia di altre banche alle spalle, siamo relativamente giovani, nati alla fine degli anni '90, e quindi come portafoglio di proprietà non possiamo competere, ma abbiamo iniziato fin da subito a inserire opere d'arte, prevalentemente opere contemporanee, nella nostra collezione. Alla base del nostro progetto c'è la profonda convinzione che l'arte possa contribuire a migliorare la qualità della vita». Punta sull'arte contemporanea (italiana) anche la collezione di BFF Banking Group. Avviata negli anni ottanta, comprende, a oggi, circa 250 opere di artisti del calibro di Baj, Burri, Fontana, Pomodoro, Schifano. Dal 2021 la collezione è stata oggetto di una mostra itinerante in Europa e negli Stati Uniti. E alla fine dello scorso marzo è stata inaugurata la BFF Gallery, il museo, accessibile gratuitamente, del gruppo. «BFF Gallery è nata non solo dalla necessità di trovare una sistemazione per la collezione della banca, ma soprattutto dal desiderio di creare, all'interno di Casa BFF, un luogo che favorisse la connessione tra le persone e la trasmissione di conoscenze», ha dichiarato Massimiliano Belingheri, a.d. di BFF Banking group. «Abbiamo deciso di farlo attraverso un museo, consapevoli che l'arte può essere uno strumento unico di dialogo con gli altri e di stimolo alla creatività e alla crescita, sia per le aziende che per la società». La collezione di Fondazione Gi Group Banche, ma non solo. Anche Fondazione Gi Group, parte di Gi Group Holding, multinazionale italiana del lavoro, ha una propria collezione di arte, che «comprende numerosi quadri di autori italiani del '900, specie della seconda metà, tutti di proprietà», ha precisato Chiara Violini, presidente di Fondazione Gi Group e che, «attraverso la realizzazione di uno spazio dedicato all'interno del Palazzo del Lavoro, abbiamo voluto mettere a disposizione e rendere accessibili sia alle nostre persone sia alla collettività. Alla base ci sono da un lato la passione per l'arte, dall'altro la volontà di valorizzare e comunicare il suo potere e i benefici che può apportare anche nella vita quotidiana e nel lavoro, come benessere, miglioramento di sé, creatività». Lo spazio, permanente e fruibile gratuitamente su prenotazione, è stato aperto nel 2024 e ospita mostre, come quella («La magia della realtà - Un viaggio nella pittura italiana del '900») attualmente in corso. «Il senso profondo di questa progettualità risiede nel concetto di lavoro sostenibile, che è fondamentale nel nostro impegno come fondazione e come gruppo: attraverso l'arte, intendiamo infatti promuovere l'attenzione al benessere delle persone nelle organizzazioni e avviare un cambiamento che generi valore per la società nel suo insieme», ha concluso Violini.

  • Quanto costa mangiare in un ristorante stellato in Italia e nei tre stelle Michelin

    Ristoranti stellati, eccellenze italiane della cucina in un viaggio emozionale che coinvolge sapori e sensi. Dall'Osteria Francescana di Massimo Bottura a Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo, da Vittorio di Enrico e Roberto Cerea a Le Calandre di Massimiliano Alajmo: mangiare in un ristorante stellato è un'esperienza immersiva e totalizzante da fare qualche volta nella vita ma quanto costa sedersi ai tavoli più celebrati della ristorazione nazionale? Mangiare in un ristorante stellato rappresenta un’esperienza unica, dove l’arte culinaria raggiunge il suo apice. L’Italia, con la sua ricca tradizione gastronomica, offre una vasta gamma di opzioni per chi desidera vivere questa esperienza, dai menù più accessibili a percorsi gastronomici esclusivi. I costi variano in base al numero di stelle Michelin, con prezzi medi per un menù degustazione che partono da circa 100 euro per i ristoranti con una stella, fino a superare i 300 euro nei tre stelle. Quanto costa mangiare in un ristorante con 1 o 2 stelle Michelin? I ristoranti con una stella Michelin offrono menù degustazione che generalmente variano dai 100 ai 200 euro a persona, con alcune eccezioni che scendono al di sotto di questa soglia. Tra i ristoranti gestiti da chef celebri, ad esempio, Cracco (Milano): menù degustazione da 180 a 215 euro. Per i ristoranti con due stelle Michelin, i prezzi salgono, con menù degustazione che si collocano tra i 150 e i 300 euro. Il Luogo di Aimo e Nadia propone percorsi dai 220 ai 280 euro. Torre del Saracino (Vico Equense), Chef Gennaro Esposito, propone un menù degustazione da 280 euro. Questi ristoranti si distinguono per un equilibrio unico tra innovazione e tradizione, sempre sotto la guida di chef di grande esperienza. I tre stelle Michelin in Italia: quali sono e quanto si spende Con i loro menù degustazione esclusivi, i ristoranti con tre stelle Michelin rappresentano il massimo riconoscimento della Guida Michelin. In Italia, sono 14 i ristoranti che vantano questo prestigio. Ecco l'elenco completo, con i relativi costi legati ai rispettivi menù degustazione (bevande escluse): Osteria Francescana (Modena) – Chef: Massimo Bottura Menù degustazione "Vieni in Italia con me": 320 euro. Da Vittorio (Brusaporto, Bergamo) – Chef: Enrico e Roberto Cerea Menù “Carta Bianca”: 350 euro; "Tradizione di Vittorio": 260 euro. Piazza Duomo (Alba) – Chef: Enrico Crippa Menù "Viaggio-Crippa" da 290 euro. Villa Crespi (Orta San Giulio, Novara) – Chef: Antonino Cannavacciuolo Menù "Itinerario dal Sud al Nord Italia" da 210 euro e “Mettici l’anima”: 240 euro. Le Calandre (Rubano, Padova) – Chef: Massimiliano Alajmo Tre menù degustazione da 295 euro ciascuno. Dal Pescatore (Canneto sull’Oglio, Mantova) – Chef: Nadia Santini Tre menù da 150, 210 e 290 euro. Enoteca Pinchiorri (Firenze) – Chef: Riccardo Monco Due menù degustazione da 290 euro. Reale (Castel di Sangro, L’Aquila) – Chef: Niko Romito Percorso da 170 euro. Uliassi (Senigallia, Ancona) – Chef: Mauro Uliassi Menù “Classico”, "Caccia" e “Lab” da 240 euro, "Easy Classico" da 210 euro. La Pergola (Roma) – Chef: Heinz Beck Due percorsi degustazione: 320 euro per 10 portate, 270 euro per 7 portate. Casa Perbellini - 12 Apostoli (Verona) – Chef: Giancarlo Perbellini Menù “Io e Giorgio” e “Io e Silvia”, a partire da 550 euro (per due persone). Norbert Niederkofler, Atelier Moessmer (Brunico, Bolzano) – Chef: Norbert Niederkofler Menù “Cook the Mountain” da 320 euro. Quattro Passi (Nerano, Napoli) – Chef: Fabrizio Mellino Menù “The best of” da 280 euro. Enrico Bartolini al MUDEC (Milano) – Chef: Enrico Bartolini Menù "Mudec Experience" da 375 euro. Il costo di un ristorante stellato in base a città e regione In Italia, il costo medio di un menù degustazione varia anche in base alla città e alla regione. Venezia si distingue come una delle città più costose, con menù degustazione che raggiungono i 295 euro. Milano, Firenze e Roma seguono con prezzi leggermente inferiori, ma comunque significativi, per un’esperienza di alta cucina. I ristoranti stellati in Italia: esperienza unica a prova di budget Mangiare in un ristorante stellato è un viaggio nei sapori e nelle emozioni, dove ogni piatto racconta una storia. Sebbene i costi possano sembrare elevati, la varietà di opzioni presenti in Italia permette di trovare esperienze adatte a diversi budget, dai menù più accessibili dei ristoranti con una stella, fino ai percorsi esclusivi dei tre stelle Michelin. Una celebrazione della cucina italiana che non smette mai di sorprendere.

  • Ristorazione, retail alla riscossa

    Cinque milioni di porzioni di lasagne, 2 milioni di cous cous e 4 milioni di polli allo spiedo all’anno. Sono numeri, quelli della Gastronomia Esselunga, che parlano da soli e che soprattutto delineano una tendenza in crescita, evidenziata anche dall’ultima ricerca di Circana: i pasti pronti acquistati presso le insegne retail, un tempo considerati un'opzione secondaria, stanno diventando concorrenti non solo dell’offerta dei bar ma anche di quella dei ristoranti. L’ibridazione tra ristorazione e retail, un fenomeno anche italiano «L’ibridazione tra la ristorazione e il retail è un fenomeno che osserviamo anche in Italia», osserva Matteo Figura, a capo del dipartimento Foodservice Italia per Circana. «Gli acquisti di pasti o bevande destinati a un consumo immediato fuori dal circuito di bar e ristoranti valgono nella Penisola il 3,5% della spesa complessiva fuori casa (contro il 6,8% della Francia, il 6,6% del Regno Unito, il 5,8% della Germania e il 4,2% della Spagna, ndr) e il trend è in crescita. E anche in Italia osserviamo catene del retail avvicinarsi al mondo della ristorazione con offerte di piatti pronti ma anche con veri e propri corner ristorativi all’interno di supermercati». In Europa, nell’ultimo anno, spesi 888 miliardi di euro in cibo e bevande Secondo la ricerca, basata sui dati Crest di Circana, i consumatori europei, nell’ultimo anno, hanno speso 888 miliardi di euro in cibo e bevande. Il 37% di questa spesa è stato destinato a ristoranti e supermercati per prodotti relativi al «consumo immediato»: pasti pronti, panini, insalate, cibi caldi acquistati presso bar, ristoranti ma anche supermercati e consumati soprattutto a pranzo. «I consumatori non sono più legati alle categorie tradizionali. Prendono decisioni basate sull’accessibilità, sul valore e sull’esperienza a prescindere che provengano da un ristorante a servizio veloce o dallo scaffale di pasti pronti di un supermercato», ha sottolineato Edurne Uranga, vp di Foodservice Europe di Circana. Dunque, sempre di più, i consumatori cercano prossimità, accessibilità e opzioni pronte al consumo (ready-to-eat, Rte) e non solo nei punti vendita tradizionali della ristorazione. Un trend che porta alla trasformazione del panorama competitivo, con confini sempre meno definiti tra retail e ristorazione e che ha visto un’accelerazione dal periodo post-pandemia, da quando, cioè, la prossimità e l’accesso veloce al cibo sono divenuti fattori chiave alla base del comportamento dei consumatori. I canali retail crescono a scapito della ristorazione commerciale Secondo Circana, la ristorazione commerciale ha visto la propria quota di mercato scendere dal 79% nel 2021 al 77% alla fine di giugno 2024, mentre i canali come il retail hanno registrato una crescita, passando dal 21% al 23% nello stesso periodo. Complice anche il fatto che sono sempre più numerosi i supermercati che oggi offrono servizi di ristorazione con consumazione sul posto e sempre più frequenti le collaborazioni tra marchi di catene di ristorazione e retailer. E se negli ultimi due anni l'inflazione nella gdo è stata significativamente più alta rispetto alla ristorazione, questa tendenza si è ora invertita, ha sottolineato Circana. In risposta alla crescente domanda di opzioni ready-to-eat, si legge ancora nella ricerca, i retailer ampliano la propria offerta di pasti freschi e pronti, mentre le catene della ristorazione fanno rotta sul consumo domestico, esplorando nuovi modi per coinvolgere i clienti, incluse collaborazioni con retailer, sviluppo di proprie linee di prodotti Rte, ma anche takeaway, drive-thru e possibilità di consegna: opzioni che, secondo Circana, rappresentano ora il 43% della spesa totale nel settore foodservice, in aumento di 6 punti percentuali rispetto ai livelli pre-Covid.

  • Aree ristoranti motore del retail

    Le food court acquistano sempre maggiore centralità nella strategia retail: le cosiddette «piazze della ristorazione», situate all’interno di centri commerciali o in zone di passaggio come aeroporti e stazioni, sono ormai considerate come una destinazione in sé dal 30% dei consumatori e la percentuale sale fino al 48% se si guarda alla Gen Z. L’importanza di queste aree è riconosciuta da tutte le fasce d’età E se il punto di forza è chiaramente la varietà dell’offerta, la presenza di locali più ricercati e alla moda è in realtà considerato l’aspetto meno considerato. Questi i principali elementi che risultano dalla seconda edizione dell’Osservatorio Food Court, lo studio realizzato da Foodservice con il patrocinio del Cncc e le partnership di Atri, Assofranchising, Confimprese, Federfranchising e Ubri. Un’analisi verticale sul comportamento del consumatore, firmata Bva Doxa, che ha di fatto confermato Millennials e Generazione Z come i più assidui frequentatori, anche se tutte le fasce d’età riconoscono in modo trasversale l’importanza di questi spazi nella scelta del centro commerciale in cui recarsi. Rispetto al 2019, il fatturato è salito del 10,3% Ma a emergere dallo studio è soprattutto la rapida evoluzione di questo format: lo scorso anno le aree ristorazione degli shopping mall hanno infatti registrato un aumento del giro d’affari del 10,3% rispetto al 2019, a cui si somma un ulteriore +0,6% per i primi 9 mesi del 2024 (fonte: Osservatorio Cncc-Ey). A salire, di conseguenza, è anche il fatturato medio per visitatore, che nel 2022 ha raggiunto 1,84 euro (+10,8% sul 2019), arrivando fino a 2,52 euro nel caso dei centri di grandi dimensioni. Non stupisce, quindi, che nel corso degli ultimi 10 anni il numero di punti vendita dedicati alla ristorazione sia arrivato a ricoprire una quota del 14% del totale galleria, con il food che oggi interessa il 20% delle operazioni complessive. In generale, il 18% di questi locali risulta in franchising, visto anche il successo dei cosiddetti «mumbo» ovvero gli operatori multi-unit multi-brand. Tra i punti di debolezza la presenza di competitor diretti e le limitazioni alle strategie di retail marketing E dal punto di vista delle abitudini di consumo, la maggior parte dei consumatori visita le food court per il pranzo, con una frequenza ben distribuita nell’arco di tutta la settimana, weekend incluso. Insomma, tra i vantaggi spicca sicuramente la grande capacità attrattiva per i flussi di persone. C’è da dire, però, che gli stessi retailer hanno identificato alcuni elementi di debolezza, tra cui la presenza di competitor diretti, ma anche la mancanza di soluzioni di intrattenimento e le limitazioni alle strategie di retail marketing. Da tenere in considerazione ci sono comunque le opportunità di sviluppo per il canale, dato che per 6 intervistati su 10 la presenza di food court più in linea con le proprie aspettative sarebbe un’occasione per frequentare maggiormente centri commerciali, aeroporti o stazioni ferroviarie. E guardando proprio al travel retail, il report evidenzia come, nelle aerostazioni, a fronte di una media di 51 unità commerciali ben 18 sono dedicate al comparto alimentare. Di queste, il 51% è costituito da formule slow e il 40% dai fast food, mentre il restante 9% è dedicato all’asporto. Lato stazioni, invece, in una mappatura di Gs Retail che ha coinvolto Roma Termini, Torino Porta Nuova, Milano Garibaldi e Napoli Centrale, è quest’ultima a essere riconosciuta come la best practice, con un’area dedicata di 2.800 metri quadrati e 14 locali in totale.

  • B&b e ristoranti trainano i versamenti Irap

    Nel 2022 l’Ires totale dichiarata è stata di 49,6 miliardi di euro (+20% rispetto al 2021): 33,5 miliardi sono stati dichiarati da società di capitali che non aderiscono al regime del Consolidato fiscale (+21,3% rispetto al 2021), 15,4 miliardi da società di capitali consolidanti (+19% rispetto al 2021) e 720 milioni di euro dagli enti non commerciali (+2% rispetto al 2021). Il reddito d’impresa rilevante ai fini fiscali, pari a 255,2 miliardi di euro, registra un incremento del 17,7% rispetto al 2021. I settori che evidenziano i maggiori aumenti del reddito sono: “Attività dei servizi di alloggio e ristorazione” (+122,6%), “Costruzioni” (+38,2%), “Attività Manifatturiere” (+22,5%) “Trasporto e magazzinaggio” (+20,8%) Dichiarazioni Ires e Irap Il Ministero dell’economia e delle finanze ha reso note le statistiche sulle dichiarazioni Ires (Imposta sul reddito delle società) e Irap (Imposta regionale sulle attività produttive) relative all'anno d'imposta 2022 e presentate nel corso degli anni 2023 e 2024, dati che tengono conto anche delle società di capitali e degli enti non commerciali il cui anno d’imposta non coincide con l’anno solare. Un capitolo ad hoc è dedicato alla deducibilità degli interessi passivi le cui regole influiscono sostanzialmente sulla determinazione del reddito imponibile ai fini Ires. Gli interessi passivi di competenza del periodo d’imposta ammontano a 45,5 miliardi di euro (+33,4% rispetto al 2021), mentre quelli afferenti a periodi precedenti, e riportabili in quanto non dedotti precedentemente, ammontano a 37,3 miliardi di euro (-1,5% rispetto al 2021). La quota di interessi deducibili (comprensiva di quelli dei periodi precedenti) è pari a circa 40 miliardi di euro (49% del totale degli interessi passivi). Per quanto riguarda l’Irap, il numero dei soggetti che hanno presentato la dichiarazione per l’anno d’imposta 2022 è pari a 2.101.567 (-37% rispetto al 2021). La contrazione del numero dei dichiaranti rispetto all’annualità 2021 è principalmente dovuta all’esonero della dichiarazione delle persone fisiche per l’anno d’imposta 2022 - come previsto dalla Legge di Bilancio 2022 (articolo 1, comma 8, legge n. 234/2021) - e alla riduzione del 2,9% del numero delle società di persone che hanno presentato la dichiarazione Irap. I soggetti che dichiarano un valore della produzione diverso da zero (al netto di tutte le deduzioni del costo del lavoro) sono 1.834.990 (-36,2% rispetto all’anno precedente), per un ammontare complessivo di 475 miliardi di euro (+5,4% rispetto al 2021). L’aumento del valore della produzione dichiarato, si legge in una nota del Mef, nonostante l’esclusione delle persone fisiche, è stato trainato in misura rilevante dalle società di capitali (+15,1% rispetto al 2021) e dalle società di persone (+14,2% rispetto al 2021). L’aumento ha interessato in misura significativa i seguenti settori: “Attività manifatturiere” (passando da 95,8 a 108,9 miliardi di euro, +13,6%) “Attività dei servizi di alloggio e ristorazione” (che dai 5,6 miliardi di euro del 2021 passa ai 12,1 miliardi nel 2022, +114,4%). Circa i crediti d’imposta, di quello per investimenti in beni strumentali materiali (ex super-ammortamento) hanno beneficiato oltre 123 mila società di capitali che hanno maturato 859 mln di euro; il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali materiali 4.0 è stato dichiarato da oltre 62 mila società di capitali che hanno maturato un ammontare di 8,6 mld di euro; quello per investimenti in beni immateriali 4.0 è andato a beneficio di oltre 10 mila società di capitali per un ammontare maturato di 252 mln di euro; il credito d’imposta per ricerca e sviluppo, in transizione ecologica e in innovazione tecnologica (L. 160/2019) è stato dichiarato da oltre 14 mila società di capitali per un ammontare di 1,2 mld di euro.

  • Farinetti: ecco le cucine delle 20 regioni che porto a New York col Gran Tour Italia

    Non ha paura di sbagliare? «Per niente, ho scritto un libro, 10 mosse per affrontare il futuro, e ai primi posti ho messo l’errore, guai a non commetterne. L’importante è riconoscere di avere sbagliato, correggere il tiro e ricominciare. Ma questo non è un errore». Il non errore di Oscar Farinetti è Gran Tour Italia , a cui sta lavorando indefesso da alcuni mesi. Lui ideò Fico , che doveva diventare un maxi parco tematico alimentare, una sorta di Disneyland capace di attrarre visitatori non con Topolino e Indiana Jones ma col parmigiano-reggiano e la carbonara. Però la gestione l’aveva lasciata alle coop, socie dell’impresa. Ha rilevato tutto e lo ha trasformato nel Grand Tour , ovvero dentro ci sono 20 regioni con altrettanti ristoranti e prodotti tipici in vendita, l’ingresso è gratuito. «Lo voglio vedere brulicare di gente», aggiunge Farinetti. «Il sottotitolo è: 5.000 passi tra le regioni d’Italia. Qui si cammina in mezzo alla bellezza e al sapore del nostro Paese che è il più bello del mondo. Goethe tra il 1813 e il 1817 scrisse Viaggio in Italia , una sorta di diario del suo girovagare lungo la Penisola. Oggi potrebbe venire qui, farebbe meno fatica e se la gusterebbe di più». La nuova creatura di Farinetti farà formazione, cultura e tanto cibo Questa creatura che Farinetti sta cercando di fare crescere con le stesse attenzioni che si ha verso un figlio dovrebbe diventare un cocktail di congressi, convegni, meeting (sale da 30 a 1000 posti), lezioni gastronomiche (sfoglini per un giorno, pizzaiuoli per un giorno), degustazioni (è coinvolta l’accademia dei sommelier), emozioni (parco avventura, pista go kart, luna park), cultura (una libreria e mostre) e ovviamente il cibo. La struttura è grande (50mila mq, gran parte del vecchio mercato ortofrutticolo all’ingrosso) e Farinetti dovrà ancora lavorare non poco per ottenere risultati di rilievo. Del resto dopo la sua uscita da Eataly, che è stato il suo grande successo, adesso s’è messo a rincorrere questo nuovo traguardo: «Appena camminerà sulle sue gambe- dice- penserò ad esportare il format all’estero. C’è una gran voglia di Italia nel mondo e noi la porteremo sotto casa. Del resto quando aprimmo Eataly a New York c’era chi scrollava la testa e prevedeva nero. Il locale ha registrato un successo strepitoso e incominciato a guadagnare da subito. Non vedo l’ora di portare a New York anche il Grand Tour». Ma non doveva ritirarsi? Risponde: «Ho tre figli che lavorano in Eataly, tutti più bravi di me. Ormai sono loro a dirigere la baracca, io volevo dedicarmi alla poesia. Invece sono qui a guidare questo treno che voglio arrivi all’alta velocità. Ma con garbo». Una sorta di buoni propositi natalizi? «La parola chiave è rispetto» dice, e saluta. «Questo valore straordinario, che sta alla base del vivere in armonia, va sradicato dal puro senso del dovere e trasferito verso il senso del piacere. Occorre fare diventare piacevole comportarsi bene».

  • Vino e ristorazione, Scudieri: i soldi li metto su Pantelleria e Sinalunga

    La famiglia Scudieri programma 12 milioni di investimenti per il borgo della Tenuta La Fratta di Sinalunga , nel cuore della Valdichiana , e la cantina pantesca Abraxas . Attività sinergiche con Obicà , catena presente in Italia con 10 ristoranti e altri 10 all’estero in franchising, dal Giappone agli Stati Uniti. Obicà ha chiuso il 2024 con ricavi consolidati di circa 40 mln di euro e un Ebitda positivo «al momento non divulgabile prima dell’approvazione», spiega il ceo Davide Di Lorenzo. Tuttavia nel piano industriale si stima un Ebitda intorno ai 2 mln. Il risultato di bilancio invece è ancora in rosso, «ma confidiamo di riportarlo in positivo dal 2025». Il maxi investimento di 12 milioni entro il 2026 «è suddiviso in 8 mln per La Fratta e 4 per Abraxas», sottolinea Achille Scudieri, membro del cda e comproprietario. «Doteremo la tenuta toscana di nuovi macchinari e dispositivi per la cura dei 400 capi di bestiame mentre per Pantelleria svilupperemo una produzione già molto ben avviata. Inoltre è previsto l’espansione del business dell’ospitalità: 300 posti letto per La Fratta e 8 dammusi da ristrutturare per Abraxas». La cantina ha 40 ettari, 15 in produzione. Le bottiglie prodotte sono 55mila ma in potenza arrivano a 200mila. Focus sulla ristorazione Obicà ha inaugurato a Natale il punto vendita francese di Giverny , nell’outlet McArthurGlen , e ha riaperto a Serravalle dopo un periodo di ristrutturazione. La filosofia di Obicà mozzarella bar è di offrire le eccellenze italiane a un prezzo accessibile. Obicà fa capo alla società Mercato, controllata dalla famiglia Scudieri, imprenditori dell’automotive con il gruppo Adler e un fatturato intorno ai 2 mld di euro. La famiglia napoletana ha rilevato Obicà nel 2021 dal fondo britannico Neo investment partners . Obicà consolida i ristoranti italiani più quelli di Londra e New York (in perdita). Movimenti nella Grande Mela L’anno scorso nella grande mela è stato chiuso il ristorante di Flatiron, ma rimane operativo quello di Madison . «In questi anni non facili», sottolinea Scudieri, «abbiamo rimodulato l’offerta alle situazioni e abbiamo selezionato manager capaci. Ora Obicà offre una ristorazione asciutta, senza fronzoli. A Londra ci siamo adeguati al dopo Brexit e a New York abbiamo preso atto dello svuotamento di Manhattan , anche in seguito allo smart working». I conti, i debiti, gli utili Nel 2023 i ricavi consolidati di Obicà sono stati di 38,2 mln, l’Ebit di -0,2 mln e una perdita di 1,2 mln. I ricavi in Italia hanno lambito 29,5 mln, in Uk oltre 5 mln e negli Usa 3,2 mln. Da 4 esercizi consecutivi la società non imputa gli ammortamenti a conto economico, per un totale di 4,5 mln. Il debito netto sfiora i 10 mln (più 3,5 mln verso i soci) a fronte di un patrimonio di 1,5 mln. Nel maggio 2026 Obicà dovrà inoltre rimborsare un bond da 1,6 mln sottoscritto da Tenax Capital che lo scorso luglio ha rinunciato al rimborso anticipato del prestito dopo lo sforamento dei ratio finanziari. La continuità aziendale di Obicà sarebbe dunque dubbia, ma il 14 giugno l’azionista Almas ne ha garantito, con una lettera di impegno, la sostenibilità patrimoniale e finanziaria. Il piano industriale 2024/27 prevede Ebitda positivo dal 2025 e risultati crescenti.

  • Italiani e food: i trend della ristorazione

    la digitalizzazione ha segnato i comportamenti degli italiani come non mai. Le prenotazioni online: una nuova abitudine Il numero di chi ha utilizzato un device per prenotare è cresciuto. Un successo ancora più forte se si analizza le prenotazioni di turisti stranieri. Le regioni italiane più segnate da questa nuova abitudine sono la Lombardia, il Lazio, la Toscana, il Piemonte e la Campania. Guardando ai valori più alti delle città italiane, invece, in testa ci sono le metropoli come Roma, Milano, Torino, Napoli e Firenze. Il nuovo imperativo? Programmare Se è bene trasformare ogni necessità in virtù, l’abitudine di programmare le uscite ha reso migliore anche il lavoro di chi è nel settore ristorativo. È questo il modo più corretto per scegliere con consapevolezza e non cogliere alla sprovvista quel locale in cui tanto desideravamo andare. Se la spesa di uno scontrino medio del 70% degli italiani resta tra i 25 e i 50 euro, è anche vero che il desiderio di investire in esperienze che vadano oltre il cibo è sempre più forte. È tempo di food experience È da molto ormai che nella ristorazione si ragiona di food experience, una definizione che descrive bene la necessità di trasformare il momento del pasto in una esperienza da ricordare. In effetti, mettendo insieme le proposte più gettonate si evince proprio questa ricerca: Soul food : non essendo più una necessità, nutrirsi è ormai un termine con un doppio significato. La ricerca di un cibo funzionale, che corrisponda alla propria filosofia di vita è un modo per prendersi cura di sé stessi tanto quanto fare sport o frequentare centri di benessere. Lo dimostrano i numerosi ristoranti in cui la parola “salutare” diviene centrale e costruisce le scelte di ingredienti e cotture. Anche il boom della cucina giapponese, in realtà, nasconde il desiderio di avvicinarsi a riti più lenti, cotture meno invasive e momenti di riavvicinamento alle esigenze della propria anima. Nutraceutica : prendersi cura di sé stessi attraverso il cibo, in realtà, è una disciplina scientifica vera e propria che prende il nome dall’unione dei termini nutrizione e farmaceutica. Di fatto, molti farmaci sono realizzati utilizzando sostanze naturali estratte dalle piante, ecco che anche la cucina comincia ad affacciarsi e a fare proposte concrete. Sostenibilità : se fino a qualche anno fa sembrava un concetto relegato alle questioni strettamente ambientali, oggi è chiaro che la sostenibilità è una gara che si vince contemplando anche la tavola. I ristoranti che sono attenti agli scarti, propongono cucina di recupero, non disdegnano le tanto amate family bag, sono tra i più amati. Effetto wow : a esso non si rinuncia più, da Instagram in poi (o forse anche dall’avvento dei social in generale) alla ristorazione contemporanea si richiede sempre più anche l’effetto meraviglia. Che si tratti di un piatto, di un prodotto inconsueto oppure di una location inattesa, questo particolare contribuisce ad alzare la percentuale delle prenotazioni. Una vera esperienza dev’essere condivisibile, come la migliore tradizione del web ormai insegna. In effetti, il food designer è una figura sempre più strategica, la quale contribuisce non poco alla realizzazione di un menù di successo.

PITTINI

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