Farinetti: ecco le cucine delle 20 regioni che porto a New York col Gran Tour Italia
- Walter Pittini
- 13 mag
- Tempo di lettura: 2 min

Non ha paura di sbagliare? «Per niente, ho scritto un libro, 10 mosse per affrontare il futuro, e ai primi posti ho messo l’errore, guai a non commetterne. L’importante è riconoscere di avere sbagliato, correggere il tiro e ricominciare. Ma questo non è un errore».
Il non errore di Oscar Farinetti è Gran Tour Italia, a cui sta lavorando indefesso da alcuni mesi. Lui ideò Fico, che doveva diventare un maxi parco tematico alimentare, una sorta di Disneyland capace di attrarre visitatori non con Topolino e Indiana Jones ma col parmigiano-reggiano e la carbonara. Però la gestione l’aveva lasciata alle coop, socie dell’impresa.
Ha rilevato tutto e lo ha trasformato nel Grand Tour, ovvero dentro ci sono 20 regioni con altrettanti ristoranti e prodotti tipici in vendita, l’ingresso è gratuito. «Lo voglio vedere brulicare di gente», aggiunge Farinetti. «Il sottotitolo è: 5.000 passi tra le regioni d’Italia. Qui si cammina in mezzo alla bellezza e al sapore del nostro Paese che è il più bello del mondo. Goethe tra il 1813 e il 1817 scrisse Viaggio in Italia, una sorta di diario del suo girovagare lungo la Penisola. Oggi potrebbe venire qui, farebbe meno fatica e se la gusterebbe di più».
La nuova creatura di Farinetti farà formazione, cultura e tanto cibo
Questa creatura che Farinetti sta cercando di fare crescere con le stesse attenzioni che si ha verso un figlio dovrebbe diventare un cocktail di congressi, convegni, meeting (sale da 30 a 1000 posti), lezioni gastronomiche (sfoglini per un giorno, pizzaiuoli per un giorno), degustazioni (è coinvolta l’accademia dei sommelier), emozioni (parco avventura, pista go kart, luna park), cultura (una libreria e mostre) e ovviamente il cibo. La struttura è grande (50mila mq, gran parte del vecchio mercato ortofrutticolo all’ingrosso) e Farinetti dovrà ancora lavorare non poco per ottenere risultati di rilievo.
Del resto dopo la sua uscita da Eataly, che è stato il suo grande successo, adesso s’è messo a rincorrere questo nuovo traguardo: «Appena camminerà sulle sue gambe- dice- penserò ad esportare il format all’estero. C’è una gran voglia di Italia nel mondo e noi la porteremo sotto casa. Del resto quando aprimmo Eataly a New York c’era chi scrollava la testa e prevedeva nero. Il locale ha registrato un successo strepitoso e incominciato a guadagnare da subito. Non vedo l’ora di portare a New York anche il Grand Tour».
Ma non doveva ritirarsi? Risponde: «Ho tre figli che lavorano in Eataly, tutti più bravi di me. Ormai sono loro a dirigere la baracca, io volevo dedicarmi alla poesia. Invece sono qui a guidare questo treno che voglio arrivi all’alta velocità. Ma con garbo». Una sorta di buoni propositi natalizi? «La parola chiave è rispetto» dice, e saluta. «Questo valore straordinario, che sta alla base del vivere in armonia, va sradicato dal puro senso del dovere e trasferito verso il senso del piacere. Occorre fare diventare piacevole comportarsi bene».
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